Primo fine settimana con il novello in Puglia, un vino per tanti fatto da pochi, con una stima di 250mila bottiglie prodotte e circa 1,5 milioni di euro di fatturato. Lo rende noto la Coldiretti Puglia, quando in autunno sono immancabili le caldarroste accompagnate dal vino per cui quest’anno il “déblocage” in Italia per legge è partito il 31 ottobre, anticipato di quasi tre settimane rispetto al concorrente Beaujolais nouveau francese.
Il vino novello – sottolinea la Coldiretti regionale – viene consumato soprattutto in abbinamento con i prodotti autunnali come le caldarroste in Fiere e Sagre in un anno segnato peraltro dall’emergenza costi che ha colpito il settore vitivinicolo con rincari da novello,lle bottiglie alle etichette fino ai tappi.
La legislazione, affinché il vino possa essere chiamato Novello, prevede l’utilizzo obbligatorio a macerazione carbonica per almeno il 30% dell’uva, mentre il restante 70% può essere vinificato con il metodo tradizionale.
Leggero e con bouquet aromatico il “vino da bere giovane” deve le sue caratteristiche al metodo di vinificazione utilizzato messo a punto dal ricercatore francese Flanzy ed è fondato sulla fermentazione carbonica di grappoli integri di uve che vengono poi spremute a distanza di una decina di giorni per un vino delicato che di solito si attesta sugli 11 gradi ma che può raggiungere anche i 12.
La produzione di Novello è calata negli ultimi decenni a causa – rileva la Coldiretti Puglia – di una serie di fattori, a partire dall’aumento dei costi di produzione che fanno il paio con la limitata conservabilità, che ne consiglia il consumo nell’arco dei prossimi 6 mesi fino alla tecnica di produzione, la macerazione carbonica, che è più costosa di circa il 20% rispetto a quelle tradizionali. Ma soprattutto – spiega la Coldiretti – gli stessi vitigni che negli anni passati rappresentavano la base del novello vengono oggi spesso utilizzati per produrre vini ugualmente giovani, ideali per gli aperitivi, ma che non presentano problemi di durata.
In Francia, il novello è nato nella zona di del Beaujolais con i vignaioli locali che sfruttano le meno pregiate uve Gamay della Borgogna meridionale per ottenere il Beaujolais nouveau. La produzione italiana è invece basata da sempre su uve di qualità Doc e Igt – sottolinea la Coldiretti – e ha quindi registrato lungo la Penisola una rapida espansione toccando il picco di 17 milioni di bottiglie dieci anni fa per poi ritagliarsi una stabile nicchia di consumo con le circa 3,5 milioni di bottiglie attuali.
Il novello, con la tecnica della macerazione carbonica che è più costosa di circa il 20 % rispetto a quelle tradizionali, è un vino dallo stile “spremuto e bevuto” – sottolinea la Coldiretti – con una limitata conservabilità, che ne consiglia il consumo nell’arco di 6 mesi. La tradizione vuole che l’apertura del novello – conclude la Coldiretti regionale – si festeggi a San Martino, l’11 novembre, giorno in cui da sempre i contadini chiudono la stagione dei raccolti e fanno il bilancio di un anno di lavoro.